Il caso di Danilo Palmucci (Ironman e maratoneta): una lombo-sciatalgia ricorrente rischia di mettere la parola “fine” a qualunque attività sportiva. Eleonora Pisu (Chinesiologa – Fisioequipe – Roma).
Sin dai 15 anni ho spesso sofferto di lombalgie ricorrenti. Non erano mai riconducibili a qualcosa di specifico, succedevano specialmente quando ero molto in forma. Nell’agosto 1989 ebbi una grave caduta con varie fratture alle coste e al gomito e la riattivazione della solita lombo-sciatalgia che perdurò fino ad arrivare alla fase più acuta di sempre durante la frazione di corsa del Mondiale di Triathlon ad Avignone. Dopo 1,5 km sulla discesa del ponte di Avignone la lombo-sciatalgia riesplose e a malapena riuscii ad arrivare al traguardo, alternando corsa e cammino. Venni trattato da un osteopata senza beneficio e pensai che non avrei più corso. Il medico della nazionale mi fece un iniezione che mi consentì di affrontare il viaggio di ritorno. A Roma le cure durarono 6 mesi senza risultati significativi. L’alterata sensibilità degli arti inferiori comprometteva l’appoggio del piede procurandomi grandi vesciche alle dita e sotto la pianta.
Una radiografia rivelò la presenza di una spondilolisi con listesi tra L4 e L5, mai diagnosticata prima. In precedenza era stata evidenziata soltanto l’inclinazione del bacino attribuita all’arto inferiore destro più corto di 1,5 cm. I medici dello sport mi dissero che lo sport per me era finito.
Dato che ero deciso a non arrendermi mi venne consigliato di farmi visitare dal Chiropratico Peter Ceisera. Già dal primo trattamento (1990) ebbi un grande beneficio. Dalle sua visita venne fuori che avevo anche un problema di occlusione dentale dovuta all’estrazione di un molare inferiore. Dopo un ciclo di trattamenti e l’utilizzo per 6 mesi di un bite progressivamente modificato, fui sottoposto all’operazione finale di ortodonzia dentale con una netta attenuazione della dismetria.
Dopo quasi 30 anni di competizioni la mia situazione era comunque arrivata al limite. Ero ormai rassegnato al prossimo arrivo dell’Evento Finale (schiena o ginocchia) che avrebbe sancito il GAME OVER.
Invece un paio di anni fa, su consiglio di Marco De Angelis, il fisioterapista che mi aveva seguito in passato, cominciai l’allenamento propriocettivo ad alta frequenza con il sistema Delos secondo il Metodo Riva presso il centro Fisioequipe di Roma.
Il Test di Riva iniziale aveva evidenziato un’elevata instabilità e una carenza di controllo propriocettivo soprattutto a carco dell’arto sinistro, che risultava più instabile e più debole del destro. Questa situazione comprometteva le capacità coordinative generali, con effetti negativi non solo nella corsa e in bici, ma anche nel nuoto. Quindi le conseguenze in tutti e tre gli sport erano la mancanza di fluidità, l’uso prevalente della forza a scapito della coordinazione, con stress del tratto lombare e delle strutture osteoarticolari.
In questo quadro generale il pensiero di rientrare in campo nelle distanze lunghe del Triathlon era solo velleitario. Invece già dopo poche settimane di allenamento bisettimanale con il sistema Delos, mi resi conto che stavamo invertendo quella tendenza al degrado alla quale nessun altra terapia o tecnica di allenamento era stata in grado di opporsi.
Cominciai ad allungare le distanze, senza perdere in qualità, con un minor consumo energetico e niente più ipoglicemie, riuscendo a lavorare in agilità e frequenza sia in bici che nella corsa. Un ritorno ai giorni migliori, ovviamente in rapporto all’età. Meno dolori, meno eventi lombalgici, ridotti a un paio all’anno e molto meno gravi, più continuità.
Per concludere, continuando ad allenarmi con Delos, ho potuto ritornare ad essere competitivo. In maratona ho corso un 2h49, migliore prestazione di tutti i tempi nella Maratona di Roma categoria M55, nell’Ironman di Embrun ho battuto il record di categoria di 1h10′ e ho vinto 2 ori ai Mondiali di Triathlon, nello Sprint e Olimpico. Insomma un ritorno al massimo livello di efficienza negli sport più duri al mondo.